Non applicabilità ad alcune parti del territorio – art. 93
Us District Court, Northern District of Georgia, 17.12.2009
Innotex asserts that the United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods (CISG) and "other applicable law" govern its breach of contract, promissory estoppel, and breach of warranty claims. The CISG is a multilateral treaty that governs the international sale of goods. Convention on Contracts for the International Sale of Goods, opened for signature Apr. 11, 1980, 19 I.L.M. 671 (1980). It applies to all contracts between parties from "Contracting States." Id. art. 1(1)(a). Generally, it also applies to contracts between parties from non-Contracting States if conflict-of-law rules lead to the application of the law of a Contracting State. Id. art. 1(1)(b). The United States, however, has not adopted the latter provision, and therefore "the only circumstance in which the CISG could apply [in the United States] is if all the parties to the contract were from Contracting States." Impuls I.D. Internacional, S.L. v. Psion-Teklogix Inc., 234 F. Supp. 2d 1267, 1272 (S.D. Fla. 2002). The parties dispute whether Hong Kong is a Contracting State. Until 1997, Hong Kong was a British Crown Colony. In 1997, it became a Special Administrative Region of the People's Republic of China, which is a signatory to the CISG. Article 93(1) of the CISG allows a Contracting State consisting of more than one territorial unit to "declare that this Convention is to extend to all its territorial units or only to one of more of them." CISG, art. 93(1). To be valid, an Article 93 declaration must be made in writing and deposited with the Secretary General of the United Nations. Id. arts. 97(2), 93(2). Under Article 93(4), if a Contracting State makes no such declaration, "the Convention is to extend to all territorial units of that State." Id. art. 93(4).
The People's Republic of China has not formally declared under Article 93 that the CISG does not apply to Hong Kong. However, in 1997 the Chinese government deposited with the Secretary General of the United Nations a written declaration announcing the conventions to which China was a party that should apply to Hong Kong upon its transfer. Letter from Qin Huasan, Permanent Representative of the People's Republic of China to the United Nations, to Kofi Annan, Secretary General of the United Nations (June 27, 1997), 36 I.L.M. 1671. The CISG was not included among the 127 listed treaties, indicating that the Chinese government did not intend to extend the CISG to Hong Kong. Id. at Annex I. This interpretation is consistent with the position held by the Hong Kong Department of Justice, foreign case law, and the majority of relevant scholarship. The International Law Division of the Hong Kong Department of Justice publishes an online list of treaties that are currently in force and applicable to Hong Kong. Hong Kong Department of Justice, International Law Division, List of Treaties in Force and Applicable to the Hong Kong Special Administrative Region, . The CISG is not included on the list. See id.
Moreover, while no American court has addressed whether Hong Kong is a Contracting State, the Supreme Court of France, the only foreign court to directly address the issue, held that the 1997 declaration satisfied Article 93. Telecommunications Products Case, Cour de Cassation, Premier Chambre Civile [Cass. 1e Civ.] [Supreme Court] Apr. 2, 2008 (Fr.), available at . Although some Chinese courts have applied the CISG to parties from Hong Kong, they have typically done so based on the parties' explicit or implicit agreement, or as evidence of international trade practice. See Fan Yang, CISG in China and Beyond, 40 UCC L. J. 3 Art. 5 (2008). For example, in Xiamen Trade Co. v. Lian Zhong Co., a Chinese court concluded that the parties had implicitly agreed upon the application of the CISG because they had both relied on it to support their respective positions in the hearings. See Xiao Yongping and Long Weidi, Selected Topics on the Application of the CISG in China, 20 Pace Int'l L. Rev. 61, 79 (2008). In other cases, the Chinese government has simply applied the CISG without explaining its choice of law. See Yang, supra. These cases have been criticized by commentators and are largely unhelpful in determining the status of Hong Kong under the CISG. See Yongping and Weidi, supra at 68-69 (explaining that "the CISG was somehow applied to a contract for the sale of goods between parties in Hong Kong and Singapore" and noting that such "approaches ... may invite criticism"). Additionally, the majority of relevant scholarship, including an article published in the Hong Kong Law Journal and an article authored by the Dean of Wuhan University Law School, concludes that Hong Kong is not a Contracting State based on the 1997 Declaration. See Yongping and Weidi, supra at 61 n.2; Michael Bridge, A Law for International Sale of Goods, 37 Hong Kong L.J. 17, 18 (2007); but see Ulrich G. Schroeter, The Status of Hong Kong and Macao Under the United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods, 16 Pace Int'l L. Rev. 307, 307-32 (2004). Accordingly, consistent with the position held by the Chinese government, the Hong Kong Department of Justice, the Supreme Court of France, and numerous commentators, the Court finds that the CISG does not apply here because Hong Kong is not a Contracting State.
Rapporti tra fonti
Tribunale di Vigevano, 12.7.2000
Trattandosi di un rapporto di compravendita internazionale, la disciplina sostanziale applicabile non dev'essere identificata come potrebbe sembrare a prima vista attraverso il ricorso alle norme di diritto internazionale privato in materia di vendita internazionale, ossia le norme previste dalla Convenzione dell'Aja del 15 giugno 1955, ma facendo riferimento alle norme di applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili del 1980. E ciò in considerazione della specialità delle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite rispetto a quelle della Convenzione dell'Aja (in questo senso si veda anche Trib. Pavia, 29 dicembre 1999, n. 468): specialità dovuta non solo al fatto che l'ambito di applicazione internazionale della Convenzione delle Nazioni Unite è più limitato (essa si applica soltanto a contratti di vendita la cui internazionalità dipende dalla diversa ubicazione statale della sede d'affari delle parti contraenti, mentre come è noto la Convenzione dell'Aja riguarda ogni tipo di contratto di vendita internazionale), ma anche e soprattutto al fatto che il ricorso alle norme di diritto materiale uniforme deve sempre prevalere su quello avente ad oggetto le norme di diritto internazionale privato (indipendentemente dalla loro fonte), essendo le prime per definitionem speciali rispetto alle seconde, giacché risolvono il problema sostanziale direttamente, ossia evitando il doppio passaggio, consistente nell'individuazione del diritto applicabile prima e quindi nell'applicazione dello stesso, che sempre si rende necessario quando si fa ricorso alla giustizia di diritto internazionale privato.
La Convenzione delle Nazioni Unite si applica ai contratti di compravendita di beni mobili, le cui parti contraenti abbiano, al momento della conclusione del contratto, sede d'affari in Stati diversi. Con riferimento al contratto dedotto in giudizio, risulta evidente che il predetto requisito d'internazionalità sussista, avendo il venditore la propria sede d'affari in Italia mentre l'acquirente ha sede in Germania. Tale internazionalità era, al momento della conclusione del contratto, ben conosciuta dalle parti, per cui essa non può considerarsi irrilevante ai sensi dell'art. 1, 2° comma, della Convenzione delle Nazioni Unite.
L'internazionalità del contratto non è tuttavia sufficiente a rendere applicabile la Convenzione di Vienna. Occorre, inoltre, o che i paesi nei quali le parti hanno la loro sede d'affari siano Stati contraenti della Convenzione al momento della conclusione del contratto (art. 1, 1° comma, lett. a)), oppure che le norme di diritto internazionale privato del foro rinviino al diritto di uno Stato contraente (art. 1, 1° comma, lett. b)). Nel caso concreto, essendo la Convenzione entrata in vigore sia in Italia che in Germania prima della conclusione del contratto in esame (rispettivamente il 1° gennaio 1988 ed il 1° gennaio 1991), essa deve considerarsi applicabile in virtù dell'art. 1, 1° comma, lett. a). Si aggiunga che le parti non hanno fatto ricorso alla possibilità concessa loro dalla stessa Convenzione di escludere la sua applicazione: esclusione che, oltre a poter essere disposta espressamente, può essere voluta anche tacitamente, come spesso affermato dalla giurisprudenza straniera (si vedano, ad esempio, OLG München, 9 luglio 1997, in International Legal Forum, 1997, 159 s.; LG München, 29 maggio 1995, in Neue Juristische Wochenschrift, 1996, 401 s.; OLG Celle, 24 maggio 1995, pubblicata nella banca dati dell'Università di Friburgo, Germania, dedicata alla Convenzione delle Nazioni Unite, rinvenibile al seguente sito internet: contra, invece, LG Landshut, 5 aprile 1995, ibid.; Orbisphere Corp. v. United States, 726 Fed. Supp. 1344 (1990)), che, sebbene non vincolante, come invece vorrebbe una dottrina minoritaria, dev'essere comunque presa in considerazione al fine di assicurare e promuovere l'applicazione uniforme della Convenzione delle Nazioni Unite, come richiesto dall'art. 7, 1° comma, della stessa (così anche Trib. Pavia, 29 dicembre 1999, n. 468).
Tribunale di Rimini, 26.11.2002
Osserva tuttavia il Giudice che a tale approccio internazionalprivatistico debba preferirsene uno diverso, che favorisca, ove possibile, l’applicazione di norme di diritto sostanziale. Occorre pertanto– e con riferimento al caso di specie– determinare se sussistano i requisiti di applicabilità della Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili del 1980 (ratificata con l. 11 dicembre 1985, n. 765, ed entrata in vigore il 1° gennaio 1988).
Questa preferenza per la Convenzione delle Nazioni Unite (che è convenzione di diritto materiale uniforme) rispetto alle norme di diritto internazionale privato poste dalla Convenzione dell’Aja (peraltro statuita anche da Trib. Vigevano, 405/2000, cit. e da Trib. Pavia, 468/99, cit.) è anzitutto dovuta al fatto che l’ambito di applicazione internazionale della Convenzione delle Nazioni Unite è speciale rispetto a quello della Convenzione dell’Aja, perché più limitato.
Detta Convenzione, infatti, si applica soltanto ai contratti di vendita la cui internazionalità dipende dalla diversa ubicazione statale della sede d’affari delle parti contraenti, mentre – com’è noto – la Convenzione dell’Aja riguarda ogni tipo di contratto di vendita “internazionale”.
E tuttavia, la specialità – e dunque la prevalenza - della Convenzione delle Nazioni Unite si fonda soprattutto su un giudizio di prevalenza delle norme di diritto materiale uniforme rispetto a quelle di diritto internazionale privato, indipendentemente dalla fonte (nazionale od internazionale) di quest’ultime.
Le prime, infatti, rivestono per definizione carattere di specialità, giacché risolvono il problema sostanziale “direttamente”, ossia evitando il doppio passaggio, consistente nell’individuazione del diritto applicabile prima e quindi nell’applicazione dello stesso, che sempre si rende necessario quando si fa ricorso alla giustizia di diritto internazionale privato (cfr. Trib. Vigevano, ult. cit.).
Va infine segnalato che, secondo una parte della dottrina, il ricorso al diritto materiale uniforme presenterebbe un ulteriore vantaggio rispetto al ricorso alla giustizia di diritto internazionale privato: l’eliminazione del cosiddetto forum shopping, ossia l’attività tendente alla ricerca della giurisdizione più favorevole agli interessi dell’istante; questa, infatti, sarebbe evitata dall’applicazione del medesimo diritto materiale nei vari Stati contraenti.
A tale assunto si è giustamente obiettato che questo vantaggio resterebbe tale solo sul piano teorico, in quanto non mancano ragioni per cui, pur in applicazione di una Convenzione di diritto uniforme, le parti avranno comunque interesse a ricorrere al forum shopping, avvalendosi del sistema processuale nazionale che ritengono a loro più confacente; ciò, invero, con riguardo alle differenze relative al diritto delle prove, alle variabili condizioni di efficienza e rapidità dei procedimenti giudiziari, alla lingua del procedimento, alla reputazione di imparzialità del foro, all’eseguibilità della sentenza invocata, e soprattutto al fatto che nei vari Paesi le Convenzioni vengono interpretate in modo (talvolta anche molto) diverso, con la possibile configurazione di risultati anche opposti sul piano materiale.
E tuttavia osserva il Giudice che tale rischio appare alquanto ridotto con riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili, che qui interessa; è noto, infatti, che sussistono ormai numerosi e proficui strumenti che consentono di attenuare le divergenze interpretative: si pensi, in tal senso, all’esistenza di banche dati che pubblicano giurisprudenza internazionale in materia (quale, ad esempio, quella consultabile sul sito od alla pubblicazione di riviste giuridiche dedicate (v. ad esempio Internationales Handelsrecht).
Tali strumenti hanno lo scopo- conforme a quanto prescritto dall’art. 7, comma 1° della Convenzione- di rendere uniforme, attraverso il riferimento alla giurisprudenza dei vari Paesi ivi reperibile, l’applicazione e l’interpretazione della Convenzione; e ciò, invero, anche laddove si consideri che il richiamo alla giurisprudenza di altri Paesi o anche di tribunali arbitrali, che i giudici dovrebbero operare, può soltanto avere valore persuasivo e non vincolante.
La nozione di vendita
Tribunale di Rimini, 26.11.2002
Dal punto di vista materiale, occorre che il contratto sia un contratto di compravendita.
In tal senso, è noto che in mancanza di un’espressa definizione nella Convenzione, la qualificazione di tale fattispecie può envincersi dal disposto degli artt. 30 e 53 della stessa (così anche Tribunal cantonal de Vaud, 11 marzo 1996, n. 01 93 1061). In base a tale disposto, è contratto di compravendita il contratto in virtù del quale il venditore è obbligato a consegnare i beni, trasferirne la proprietà ed eventualmente rilasciare tutti i documenti relativi ad essi, mentre il compratore è obbligato a pagare il prezzo ed a prendere in consegna i beni. Nel caso di specie, non può dubitarsi che il contratto de quo sia soggetto alla Convenzione delle Nazioni Unite. La Convenzione richiede altresì che l’oggetto della compravendita, al momento della consegna sia mobile e tangibile, come già sottolineato dalla giurisprudenza italiana (Trib. Pavia, cit.) e straniera (v. OLG Köln, 26 agosto 1994, in Neue Juristische Wochenschrift Rechtsprechungs-Report, 1995, 246). Appare evidente che il contratto oggetto di lite presenta i requisiti appena menzionati; pertanto, sotto il profilo materiale la Convenzione appare applicabile.
Tribunale di Padova, 11.1.2005
Dal punto di vista materiale, occorre che il contratto sia un contratto di compravendita, di cui tuttavia la Convenzione non dà alcuna definizione. La mancanza di una definizione espressa non deve però indurre a ricorrere ad una definizione “nazionale”, come ad esempio quella prevista dall'art. 1470 c.c. Il concetto di “compravendita” previsto dalla Convenzione deve piuttosto essere ricavato, come d'altronde la maggior parte dei concetti (tra i quali anche quello di “sede d'affari”, di “residenza abituale”, di “beni”, ma non anche quello di “diritto internazionale privato”, che corrisponde alla nozione propria del foro investito della controversia), in modo autonomo, ossia senza ricorrere a categorie peculiari di un determinato ordinamento. A tale proposito diventa rilevante il disposto degli artt. 30 e 53 della Convenzione (così anche Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.; Trib. Rimini, cit.; Tribunal cantonal de Vaud, 11 marzo 1996, n. 01 93 1061, pubblicata in internet all'indirizzo da cui si evince che è contratto di compravendita, alla luce della Convenzione, il contratto in forza del quale il venditore è obbligato a consegnare i beni, trasferirne la proprietà ed eventualmente rilasciare tutti i documenti relativi ad essi, mentre il compratore è obbligato a pagare il prezzo ed a prendere in consegna i beni.
Ci si deve chiedere a questo punto se il rapporto contrattuale oggetto della presente controversia, che nella prospettiva del diritto italiano verrebbe qualificato di somministrazione, rientri nell’ambito di applicazione ratione materiae della Convenzione. Alla domanda può darsi risposta affermativa (anche alla luce della giurisprudenza straniera di cui si deve tenere conto in virtù dell’art. 7, comma 1°, della Convenzione, la quale ha sempre ricompreso il contratto di somministrazione tra quelli rientranti nell’ambito di applicazione materiale della Convenzione: v., ad esempio, Cour d’appel de Colmar, 12 giugno 2001, pubblicata in internet all’indirizzo: ; LG Ellwangen, 21 agosto 1995, pubblicata in internet al seguente indirizzo: CISG-online 279), giacché scopo della Convenzione è disciplinare tutti i contratti internazionali in cui vi è consegna di beni mobili e trasferimento della loro proprietà contro il pagamento di un prezzo, a prescindere dalla qualificazione giuridica che, secondo gli ordinamenti nazionali, tale operazione economica può assumere.
La risposta affermativa trova poi conferma nel dettato della Convenzione: l'art. 73 fa rientrare nel proprio ambito di applicazione tutti i “contracts for the delivery of goods by installments” ossia i “contrats à livraisons successives”, espressioni che nel testo (non ufficiale) pubblicato nella Gazzetta Ufficiale sono state tradotte con la locuzione "contratto a consegne successive". Sulla base di ciò, la dottrina italiana ha creduto giustamente di dovere ricondurre alla normativa uniforme la vendita a consegne ripartite, essendo questa certamente “contrats à livraisons successives”.
Carattere derogabile della Convenzione di Vienna – art. 6
Tribunale di Vigevano, 12.7.2000
Il fatto che le difese svolte dalle parti negli atti introduttivi del presente giudizio si basino esclusivamente sulla disciplina codicistica italiana, senza alcun riferimento alla Convezione di Vienna, non può essere considerato come implicita manifestazione della volontà di escludere l'applicazione della Convenzione, come peraltro affermato anche dalla giurisprudenza straniera (v. Corte Federale tedesca, 23 luglio 1997, in Neue Juristische Wochenschrift, 1997, 3309 ss.), secondo cui il riferimento nelle comparse al diritto domestico non uniforme di uno Stato contraente pur potendo in astratto rappresentare un elemento che depone a favore della scelta della legge interna di quello Stato non comporta l'automatica esclusione della Convenzione delle Nazioni Unite (così anche Corte di Cassazione francese, 17 dicembre 1996, in Revue critique de droit international privé, 1997, 72 s.; LG Düsseldorf, 11 ottobre 1995,; Corte Arbitrale della Camera di Commercio Internazionale, lodo arbitrale no. 7565, in ICC International Court of Arbitration Bulletin, novembre 1995, 64 ss.; contra BG Weinfelden, 23 novembre 1998, in Schweizerische Zeitschrift für internationales und europäisches Recht, 1999, 198; Cour d'Appel de Colmar, 26 settembre 1995).Per potere ritenere che le parti abbiano inteso escludere l'applicazione della Convenzione deve risultare in modo inequivoco che le parti si siano rese conto della sua applicabilità, e ciò nonostante abbiano insistito nel fare riferimento unicamente alla disciplina interna. Nel caso in esame, dalle difese svolte dalle parti non risulta che le stesse si siano rese conto, prima dell'udienza ex art. 183 c.p.c., dell'applicabilità della Convenzione delle Nazioni Unite, per cui non può ritenersi che abbiano voluto escluderne neppure implicitamente l'applicazione, scegliendo di fare esclusivo riferimento al diritto italiano. Quindi, in virtù del principio iura novit curia, spetta senz'altro al giudice determinare quale siano le norme italiane applicabili (così anche Trib. Cuneo, 31 gennaio 1996), norme che devono essere individuate per le ragioni sopra esposte nelle disposizioni della Convenzione di Vienna (in questo senso si veda anche Corte Federale tedesca, 23 luglio 1997, in Transportrecht-Internationales Handelsrecht, 1999, 23 s.).